Vogliamo provare a vedere il mondo diritto? |
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La Presentazione |
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La presentazione, accompagnata da note esplicative, può essere utilizzata e condivisa da chiunque eserciti forme di attivismo in ambito politico e/o ambientalista e ne condivida i contenuti. La Conversazione sul nostro tempo – questo è il titolo della presentazione – offre un contributo, credo significativo, per comprendere aspetti fondamentali della realtà che, normalmente, sono trascurati nel mondo della politica, nel senso comune e nell’ambientalismo istituzionale. Ovviamente la realtà è decisamente più complessa di quanto possa essere chiarito da una serie di slide. Si tratta quindi di lavorare in prospettiva per fare sì che un lavoro di approfondimento progressivo dia ulteriore forza alle tesi iniziali. Le tesi sono estremamente semplificate, ma ogni slide può diventare oggetto di dibattito e di approfondimento. La presentazione non fornisce soluzioni. Le soluzioni diventeranno visibili soltanto quando gli umani singoli si ritroveranno in quanto "umanità".
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Conversazione sul nostro tempo
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I problemi ambientali stanno assumendo sempre più caratterizzazione politica. Ormai è chiaro che scelte estreme dovranno essere effettuate nell’immediato futuro se non si vorrà assistere alla più grande catastrofe a memoria d’umano. I nuovi movimenti come Fridays for Future, Extintion Rebellion o i prossimi che certamente nasceranno premono perché i grandi cambiamenti siano messi nell’agenda politica degli Stati che maggiormente hanno responsabilità nel degrado delle condizioni del Pianeta. È tutto chiaro? Si sa dove andare a parare? Nonostante il clamore, ormai universale, non sembrerebbe. Molte scelte devono essere compiute dagli umani prima che sia la natura stessa a tagliare il nodo gordiano. E poiché la natura "non usa la carità, ritenendo i diecimila esseri niente più che cani di paglia” è importante che gli umani recuperino la saggezza necessaria prima che sia troppo tardi.
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Il problema
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Negli ultimi tempi l'opinione pubblica è posta di fronte a ipotesi di scenari disastrosi. Innumerevoli ricerche concludono che il livello del mare aumenta ponendo a grave rischio società costiere; che siccità e alluvioni porranno a breve termine problemi di sostenibilità alimentare ed emigrazioni mai viste in precedenza; che i ghiacci si sciolgono aumentando la radiazione solare intrappolata nell'atmosfera; che l'inquinamento progressivo avvelena e avvelenerà la vita umana, che migliaia di specie sono scomparse e altre sono sulla via di seguirne il destino, che la vita stessa degli umani dovrà adattarsi a condizioni imprevedibili che porteranno grande sofferenza. Le cause di tutto questo, sostiene l'autorevole Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC), sono individuate nelle attività antropiche. Le forze più sensibili al problema, come i movimenti ambientalisti nati dal basso come Extintion Rebellion o Fridays for Future si stanno organizzando in tutto il Pianeta. Intendono sollecitare i governi a prendere misure adeguate e limitare i danni futuri, poiché quelli fatti sono ormai irreversibili.Come rispondono le istituzioni politiche? Incominciano a prendere le cose sul serio? È indubbio che vi siano agenzie governative o internazionali che si occupano dei problemi ambientali globali. Ne sono prova le delegazioni inviate dai governi alle varie conferenze sul clima o le diverse diverse agenzie “unimondiste” che fioriscono presso le Nazioni Unite. Sono composte da funzionari con sinceri interessi e altrettanto sincere preoccupazioni. Ma osservando con attenzione le scelte economiche perseguite si nota che la politica si orienta in direzioni che vanificano gli inviti degli scienziati del clima. |
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La
slide individua tre tipi di Homo
politicus. Lasciamo in sospeso la questione per riprenderla verso la fine dell’esposizione |
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Propedeutica
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All’origine
di ogni considerazione sta il concetto di “entropia”,
noto anche come seconda
legge della termodinamica.
Il concetto di entropia, che possiamo associare al concetto più
familiare di “degrado”,
è nato con gli studi della termodinamica. Questo
concetto dalla termodinamica è stato poi esteso al mondo
della materia. Anche la materia, in un sistema chiuso,
tende a raggiungere una condizione di degrado e di disordine. C'è
qualcosa di drammatico in questo: una volta raggiunto quello
stato, la materia non potrà più essere disponibile
per essere riorganizzata. L’entropia aumenta in ogni
trasformazione dentro un sistema chiuso. |
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Il
processo mediante il quale un organismo animale o vegetale
assorbe energia e materia si chiama anabolismo.
Mediante questo processo esso attiva il ricambio cellulare
necessario al suo mantenimento. L’altro lato del processo è
costituito dal catabolismo,
cioè dalla demolizione delle molecole assorbite e dalla
produzione di rifiuti materiali e di energia degradata e
irrecuperabile. L’insieme delle due fasi prende il nome di
metabolismo. Osservazione importante L'essere umano non è l'apice dell'evoluzione. Tutti gli organismi che si trovano nello stesso istante temporale sono tutti "pari merito" rispetto al processo evolutivo. Ma va fatta una considerazione ulteriore. Il "meccanismo" funzionerebbe agevolmente anche se non esistesse la nostra specie, mentre risulta fondamentale e necessaria la funzione dei batteri decompositori. Dovrebbe bastare questo a spegnere quel delirio di onnipotenza che prende il nome di antropocentrismo, la credenza di essere i facitori del mondo. |
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Sebbene
la vita sul nostro Pianeta sia destinata a scomparire a causa dei
fenomeni di degrado entropico, ciò non dovrebbe
preoccupare più di tanto: ogni specie emergente
dall’evoluzione avrebbe davanti a sé milioni di anni
di vita grazie al sorprendente insieme di rapporti con i quali la
comunità dei viventi mantiene se stessa. |
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Se
la scimmia possedesse la capacità di costruire una sega
potrebbe tagliare l’albero per evitare di salire per
prendere la frutta. In quel caso attingerebbe il flusso
danneggiando lo stock. Se la gazzella costruisse strade asfaltate
per sottrarsi più velocemente ai leoni potrebbe continuare
a brucare erba (flusso), ma ne ridurrebbe la quantità
disponibile a causa della sottrazione di parte del terreno
(stock) dalla sua funzione vitale primaria.
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Non è chiaro quando la nostra specie abbia acquisito la capacità di articolare il linguaggio. Ma da quel momento Homo sapiens è diventato un animale tecnologico. Capacità linguistica e sistema simbolico hanno generato i presupposti della manipolazione del mondo mediante la capacità di progettazione di strumenti sempre più complessi. Le prime selci scheggiate non sono nulla rispetto agli attuali satelliti per le telecomunicazioni, ma rispondono alla stessa logica: agire sull’ambiente liberandosi dalla logica prettamente consumatoria degli altri animali allo scopo di attingere più risorse dall’ambiente. Con la nascita del potenziale linguistico e simbolico l’essere umano si emancipa dalle costrizioni della natura. Gli effetti sono due: il suo spazio cessa di essere quello che l’evoluzione ha consegnato alla nostra specie.
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Lo spazio, da naturale, diventa tecnologico. Homo sapiens potrà accedere non soltanto ai flussi ma anche allo stock grazie alla capacità di costruire e impiegare dispositivi di vario genere. Fissiamo bene questa frase: “L’accesso allo stock rappresenta un vero salto di qualità nella storia naturale”. L’accesso allo stock costituisce una manifestazione di potenza e, contemporaneamente, di estrema debolezza. La letteratura umana ossessionata da delirio di onnipotenza ha sempre posto l’accento sul primo aspetto, mai sul secondo.
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La
disattenzione riguardo il danneggiamento dello stock (distruzione
di foreste primarie, acidificazione dei mari, impoverimento
dell’humus a cui attinge la biocenosi, inquinamento dei
fiumi ecc.) perdura tuttora nelle necropolitiche dei governi,
nelle attività criminali di moltissime multinazionali,
nelle strategie imprenditoriali per produrre profitto, nelle
direttive tecniche di centri studi pubblici e privati. Perdura
persino nella parte dominante delle istituzioni prettamente
culturali che continuano a considerare l’“umano”
al di fuori della comunità del vivente, qualcosa che
“eccede” la natura. |
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Giungiamo
a un nodo ineludibile. Il disordine (l’entropia) causato
dall’attività umana inizia ad accelerare il naturale
processo di degrado a cui la vita è naturalmente soggetta.
Ricordiamo quali erano i due motivi che rendevano impercettibile
l’aumento dell’entropia prima della comparsa
dell’essere umano: Essa vive perché le altre specie vivono! Se le altre si indeboliscono, anch’essa si indebolisce; se vengono devastate dalla furiosa attività umana, è anche questa a devastare se stessa. |
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Quando
la potenzialità tecnologica della specie Homo sapiens si
imbatte nei depositi carboniosi del Pianeta, si sviluppa
l'esplosione dell'attività umana. Prima l'umano era
inserito nel ciclo del carbonio al pari degli altri esseri, e la
potenzialità distruttiva a lui propria era comunque
limitata da tecnologie poco impattanti. Ora egli affianca al
ciclo del carbonio vivo - quello a cui attingono tutti gli esseri
viventi – consumi di carbonio morto (carbone, petrolio,
gas) che l'evoluzione aveva "provvidenzialmente"
racchiuso nel sottosuolo per permettere alla vita di
manifestarsi. Si
ritiene che l’essere umano possa vivere felicemente anche
se un certo numero di specie scompare. Probabilmente è
vero (anche se il fondo di quest’affermazione è
antropocentrica e orribile sul piano etico). Ma a quali specie
potremmo rinunciare? Sentiamo cosa ha da dire Jared Diamond,
esperto di biologia evolutiva: Inutile dire che nessun imprenditore del legno, né di nessun’altra produzione di merci, si è mai posto un problema di questo genere, ne mai avrebbe potuto risolverlo. E nessuno Stato, nessun partito, nessun politico si è mai preoccupato di arginare la follia produttivistica spinta a livelli parossistici. |
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Proviamo a fare un test di verifica. Immaginiamo di dover incollare le due etichette della slide sulle corrispondenti immagini che seguono. La prima rappresenta un angolo di jungla più o meno ancora intatta. La seconda un luogo di produzione di vino.
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La
porzione di foresta rappresentata costituisce il luogo
dell’equilibrio dinamico in cui le specie vegetali e
animali si scambiano energia e risorse a bassissimo impatto
(prossimo a zero). Se sufficientemente grande, e in assenza di
influenze esterne, tale nicchia ecologica potrebbe reggere per
tempi interminabili mantenendo le proprie caratteristiche.
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La
magnifica geometria dei filari di vite ci suggerisce il massimo
dell’ordine. C’è qualcosa di più
connesso con l’ordine di quanto non sia la geometria? Forse
nel cervello di Platone e di coloro che proiettano la mente in
mondi astratti. Ognuno
degli elementi accennati implicherà altri settori, per
esempio industrie dell’acciaio, della plastica, della
gomma. Pressoché impossibile prendere atto di tutti gli
elementi che partecipano alla catena fino a giungere all’anello
finale. |
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L'ordine
e il disordine reali non corrispondono a ciò che è
dettato dal senso comune !!
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Sviluppi
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Qui
si descrive il modello del “movimento” della specie
umana da un certo momento in poi della sua storia, precisamente
da quando essa ha incominciato a disporre della capacità
tecnologica che gli ha consentito di aggredire lo stock delle
risorse primarie. Non è sufficiente partire dalla
modernità. Tutto ha inizio con il neolitico. |
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L’unica soluzione consiste nell’espansione territoriale e nell’occupazione di altri territori al fine di accedere alle loro risorse. La nuova disponibilità di energia e di risorse materiali consente la ripresa di un nuovo ciclo. La storia presenta un florilegio copiosissimo di casi che rientrano nel modello. In tal modo il disordine ambientale, l’entropia prodotta dall’eccessiva intraprendenza del gruppo umano che si espande, viene in parte risolta nel "centro del sistema". Ricordiamo, tuttavia, che il processo di degrado è inevitabile. Ciò significa che l’espansione del gruppo umano dominante, mentre ricrea ordine nel proprio ambiente, genera inevitabilmente disordine in ambiti esterni. Non solo: il disordine creato all’esterno del sistema (la cosiddetta "periferia") è maggiore dell’ordine creato all’interno. Complessivamente,
la storia della specie umana si presenta come una corsa
verso la distruzione della biocenosi, della comunità del
vivente, oltreché di popoli che vengono sottomessi (quelli
a tassi di sviluppo più lento). Occorre infine
comprendere che, adottata questa prospettiva, non la si potrà
più abbandonare prima che non si verifichi la condizione
descritta nella prossima slide. Per due ragioni. |
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La
saturazione
degli
spazi geografici si manifesta con la globalizzazione.
Gli spazi si restringono e i beni che la natura ha concesso
gratuitamente diventano scarsi per l'eccessivo prelievo. Non
esistono più continenti “vergini” da
vandalizzare. Allo sfruttamento storico della natura da parte
delle potenze ex-coloniali si affianca quello di nuovi Paesi
emergenti. La Russia post-sovietica, il Brasile, l’India e,
soprattutto, la Cina sviluppano le loro economie e partecipano
alla distruzione delle risorse economiche facendo concorrenza
all’Occidente. Il
sistema universale che vive soltanto per il profitto e ha nel suo
DNA la crescita all’infinito. Tuttavia deve fare i conti
con la più ferrea delle leggi, la legge dell’entropia.
Solo che il pensiero unico, l’ideologia della modernità,
la disconosce relegandola nell’ambito delle scienze
naturali. L’attacco sconsiderato ai flussi che priva
del necessario le altre specie e dunque, indebolisce la vita “in
generale”, e l’ancora più devastante
aggressione allo stock sempre più scarso, implicano
difficoltà progressive nel gioco universale:
l’accumulazione del capitale. |
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Gli
ambientalisti giustamente ricordano che nessun sistema può
crescere all’infinito, benché meno sulla Terra, dove
ormai ogni angolo è sotto scacco di un produttivismo che
aggredisce la cassaforte della natura. Accanto a tale
affermazione dovrebbero aggiungerne altre due che in genere
vengono sottaciute: a)
crollo della struttura economica per mancanza di risorse
disponibili; |
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Dovremmo
tenere sempre presente un fatto banale che tentiamo di rimuovere
perché apre problematiche su cui vogliamo inconsciamente
sorvolare. Tutto ciò che ci cade tra le mani non
viene
da un pianeta esterno alla Terra. Tutto deriva dalla
manipolazione della natura che si trova sul
nostro
Pianeta. È stato dimostrato in via sperimentale che un bambino di sei anni comprende che da una quantità data non è possibile estrarre una quantità più grande. Generalizzando, gli adulti dovrebbero comprendere che l’impronta ecologica non può superare la biocapacità, a meno che non regrediscano adottando quel pensiero magico che oggi sembra possedere molti. Andiamo a vedere cosa accade in alcuni Paesi presi a esempio. |
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Osserviamo
con molta attenzione questi dati. Il primo va letto in modo
diverso da quelli che seguono. Vediamo perché. |
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La
slide illustra semplicemente il deficit mondiale attuale connesso
alle risorse consumate dalla nostra specie. Esso supera di circa
il 40% il potenziale della Terra (dati del WWF del 2018). Grosso
modo, a metà agosto abbiamo esaurito l’offerta del
Pianeta. |
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Ci
stiamo avvicinando alla questione cruciale: perché partiti
e governi – il personale politico, insomma –
trascurano questioni talmente reali da angosciare e porre in
allarme scienziati, popolazioni, movimenti? |
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È
nota
a molti la relazione I
= f (n, a, t) per
mezzo della quale si ritiene che l’impatto dell’attività
umana dipenda da tre parametri: popolazione, consumi, tecnologia.
In realtà le cose sono molto più complesse, ma è
possibile prendere la funzione come elemento preliminare per
evidenziare l’errore primario: l’assurdità
dell’idea secondo la quale la tecnologia dovrebbe svolgere
una funzione di correzione dell’impatto prodotto dai
consumi e dalla popolazione. Ciò può essere
dimostrato 1) in modo intuitivo, 2) in modo razionale, 3) per
mezzo di serie storiche. |
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In
Europa si fa gran parlare di green
new deal.
Coloro che stanno distruggendo le prospettive di noi tutti si
stanno impegnando, attraverso un’operazione di greenwashing
(essi sciacquano
con
la parola “verde” politiche sciagurate), per portare
a compimento la loro opera. Questi alcuni dei principali concetti
di riferimento: |
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Una
conclusione provvisoria è questa: scienze naturali e
scienza economica, pur essendo nate pressoché nello stesso
periodo, hanno preso strade che si sono divaricate. |
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Le
radici profonde del pensiero economico, si sono trasferite pari
pari nella visione ideologica dello Stato, il quale, a sua volta
si trova sotto doppio ricatto. Lo Stato ottiene le risorse per il
suo funzionamento sia dal sistema fiscale (che grava su
lavoratori e imprese) sia dall’accensione di prestiti.
Ovviamente i fattori di input derivano dal centro motore del
sistema: la sfera economica e finanziaria. A sua volta, lo Stato
provvede a sostenere il welfare e a predisporre le condizioni
strutturali per lo sviluppo economico.
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Epilogo
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Jem
Bendell, un ricercatore britannico che ha attivato un gruppo di
ricerca e un sito web (jembendell.com),
ritiene – dopo aver preso in esame una letteratura
imponente – che ormai sia troppo tardi per tentare di
invertire la rotta poiché i fenomeni che sono sotto i
nostri occhi non hanno andamento lineare, e quindi sono destinati
a subire un’accelerazione che non lascia scampo. |
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A
prescindere
dalle oscure e apocalittiche prospettive di Bendell, possiamo già
oggi vedere come la nostra specie si sia già inoltrata
nell’epoca del collasso sociale. L’avversione
registrabile pressoché ovunque verso le istituzioni
politiche segnala la mancata corrispondenza tra atti di governo e
aspettative dei governati, fenomeno che si amplifica con
l’evidente stato confusionale della governance
mondiale.
Difficile pensare che il personale politico sia
antropologicamente degradato rispetto a quello del secondo
dopoguerra. È più facile pensare che lo tsunami di
una sopraggiunta complessità renda impossibile risolvere
quanto soltanto mezzo secolo fa si presentava ancora
intelligibile. |
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Una delle ultime dichiarazioni del grande antropologo Claude Lévi-Strauss è il modo migliore per concludere questa presentazione. L’intervista è stata concessa nel 2004. Forse dovremmo tenere presenti ammonimenti come questo per trovare la forza di tentare di invertire il corso autodistruttivo della storia umana. Anche se ormai, forse, è troppo tardi.
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